La radioterapia, come unica soluzione terapeutica o in associazione alla chemioterapia e/o alla chirurgia, rappresenta un’importante, ed al momento insostituibile, metodica nel trattamento delle neoplasie.
Nel corso degli ultimi trent’anni, il miglioramento tecnologico e la più accurata impostazione del trattamento radiante hanno minimizzato l’incidenza delle complicanze.
Resta tuttavia una quota consistente di pazienti, non prevedibile prima del ciclo terapeutico, che andrà incontro ad un danno acuto, sub-acuto o cronico dei tessuti sani compresi nel campo radiante.
L’effetto tossico più comune che si manifesta ai pazienti in trattamento radioterapico è la Radiodermite che ha dei sintomi che variano da un arrossamento cutaneo, alla formazione di vescicole fino a vere e proprie ulcerazioni della pelle nell’area trattata.
Nella pratica clinica e assistenziale quotidiana la Radiodermite viene suddivisa in: Radiodermite Eritematosa e Radiodermite Eritemato-bollosa. Nella Radiodermite Eritematosa la cute si presenta intensamente arrossata, leggermente edematosa, spesso pruriginosa. Successivamente il colorito si fa più intenso, l’edema si attenua e a distanza di tempo sopravvengono caduta di peli e desquamazione furfuracea (simile alla forfora dei capelli) dell’epidermide.
Ne residua una colorazione cutanea variabile da persona a persona. L’altra manifestazione fortunatamente meno frequente, è la Radiodermite Eritemato bollosa. La formazione di bolle è dovuta alla comparsa di un versamento sieroso che si viene a formare tra derma ed epidermide.
La periferia della lesione si colora intensamente a seconda dei soggetti, in maniera da formare un alone bruno che contrasta nettamente con la cute sana circostante. Tre settimane, o un tempo anche più lungo se la sofferenza cutanea è molto estesa, sono necessarie perché abbia luogo la completa riparazione epiteliale della pelle irradiata. Le medicazioni devono essere accurate, meglio se eseguite da personale sanitario qualificato in materia, poichè le infezioni di queste lesioni possono arrecare anche problemi molto seri, visto che la capacità immunitaria della cute e del paziente sono compromessi dalle cure oncologiche.
Pur non essendoci molti studi clinici su questa patologia sembra di poter affermare che la corretta applicazione di idrofibra all’argento, sia un valido trattamento avanzato che assorbe il siero, ha azione antisettica e riduce il dolore locale. Nelle forme più severe, fortunatamente molto rare, si può rendere necessario un innesto cutaneo da eseguirsi in centri specializzati col fine di portare a guarigione la cute. Quando le lesioni sono lievi si consiglia di applicare sulla zona colpita, olio di mandorle dolci o una crema idratante meglio se associata all’ossido di zinco al 20% che ha un notevole effetto antinfiammatorio. In commercio esistono anche creme specifiche per contrastare l’effetto tossico delle radiazioni da applicare prima e dopo il trattamento e da continuare anche per un mese dopo la fine delle applicazioni.
L’uso delle creme al cortisone è tuttora dibattuto: uno studio del 2002, effettuato presso l’istituto Tumori di Milano, ne sconsiglia l’utilizzo. Risulta infine che la terapia ad ultrasuoni e la magnetoterapia, siano abbastanza efficaci nel trattamento di questa patologia. L’effetto tardivo della Radiodermite si manifesta con atrofia e secchezza cutanea, sbiancamento della pelle, dilatazione dei vasi sanguigni, caduta dei peli e anche la degenerazione carcinomatosa. Per questo motivo è fondamentale che il paziente conosca il proprio corpo e in caso di cambiamenti si rechi dal Dermatologo per un consulto clinico.